di Sergio Bassoli
(Politiche globali)
39° EUCOCO Conferenza Europea di sostegno e solidarietà al popolo Saharawi
Si è svolta a Madrid, Università Complutense, il 14, 15 e 16, novembre scorsi la 39 Conferenza Eucoco. Trentanove edizioni di questa straordinaria manifestazione di solidarietà con il popolo Saharawi come 39 sono gli anni di resistenza e di lotta per conquistare il diritto alla propria autodeterminazione.
Si è svolta a Madrid, Università Complutense, il 14, 15 e 16, novembre scorsi la 39esima Conferenza Eucoco.
Trentanove edizioni di questa straordinaria manifestazione di solidarietà con il popolo Saharawi come 39 sono gli anni di resistenza e di lotta per conquistare il diritto alla propria autodeterminazione.
Dal 1975, dal ritiro della Spagna, quale “potenza amministratrice” dal Sahara Occidentale,lasciando l’amministrazione, in via transitoria, a Marocco e Mauritania, in attesa di trovare soluzione alla posizione del Sahara Occidentale quale “territorio non autonomo”, idoneo per la concessione dell’indipendenza (Risoluzione n° 1514 dell’Assemblea Generale dell’ONU).
Una attesa che dura, appunto da 39 anni anni, e che ha visto invece l’immediata occupazione dei territori da parte del Regno del Marocco, con la “marcia verde” che ha portato migliaia di Marocchini dalle campagne del nord al Sahara fino ai confini con la Mauritania, occupando quello che il popolo del deserto, il popolo Saharawi considera essere il proprio territorio, la propria nazione.
E’ questa una delle ultime storie irrisolte del processo di decolonizzazione del secolo scorso, che non ha trovato soluzione politica, producendo migliaia di profughi, morti, violenze, repressione, la militarizzazione del confine con l’Algeria, la costruzione di oltre due mila chilometri di muro, nonostante vi siano le risoluzioni delle Nazioni Unite che, sulla base del diritto internazionale, dovrebbero dirimere e risolvere il contenzioso.
Il Regno del Marocco però non ci sente, forte della sua potenza economica, della sua schiacciante differenza demografica, dell’importante ruolo politico che riveste nello scacchiere regionale. Forse il paese più stabile di tutta la regione, con un percorso di modernizzazione, di sostanziali aperture democratiche e di importanti partenariati commerciali internazionali, il Marocco non riconosce le rivendicazioni de Fronte Polisario, preferendo la via della repressione e della violenza a quella del diritto internazionale delle Nazioni Unite, unico sistema di legalità internazionale su cui si è fondato tutto il processo di decolonizzazione del secolo scorso.
Nei tre giorni della conferenza, sia nei diversi gruppi tematici che negli interventi dei rappresentanti del Fronte del Polisario e delle numerose organizzazioni di donne, giovani, difensori dei diritti umani, oltre a ricordare i forti legami di solidarietà che questa popolazione, piccola e povera, è riuscita a costruire attorno alla propria esistenza ed alla propria causa, si sono ascoltate le denunce della sistematica politica repressiva marocchina e della prolungata responsabilità della comunità internazionale che acconsente il protrarsi di questo conflitto, in barba ai valori ed ai principi fondanti degli stati-nazione, dell’Unione Europea e delle Nazioni Unite.
La Francia, in qualità di membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, è contraria all’estensione del mandato della Missione ONU per il referendum nel Sahara Occidentale (MINURSO) per proteggere e monitorare le violazioni dei diritti umani nei territori occupati: unico caso di missione ONU senza un mandato di monitoraggio e tutela dei diritti umani.
L’Unione Europea ha ratificato l’accordo commerciale sulla pesca con il Marocco, dando via libera allo sfruttamento economico delle risorse di territori riconosciuti come territori occupati dal diritto internazionale, quindi, con chiaro divieto a qualsiasi utilizzo da parte della parte occupante, in violazione della Convenzione di Ginevra e della stessa clausola democratica dell’Unione Europea.
La Spagna, in quanto ex-stato coloniale, non riconosce i diritti economici e sociali ai Saharawi che lavorarono alle dipendenze dello stato spagnolo e che tutt’ora hanno passaporto spagnolo, rifiutandosi di assumere le proprie responsabilità nei confronti di propri cittadini, oltre a vendere armi al Regno del Marocco.
Il re del Marocco, Mohammed VI, abile politico, è arrivato perfino a proporre una radicale riforma del sistema politico-amministrativo del Regno, con il riconoscimento dell’autonomia amministrativa regionale, al cui interno avrebbe trovato spazio, nelle sue intenzioni, la soluzione del contenzioso con il popolo Saharawi.
Ipotesi respinta dal Fronte del Polisario in quanto non riconosce il diritto di autodeterminazione, sostituendolo con una discutibile integrazione ed assimilazione al Regno del Marocco.
I Saharawi rivendicano il rispetto delle risoluzioni ONU e la realizzazione del referendum per l’indipendenza. Strumento che trova il suo primo ostacolo nella definizione del corpo elettorale: chi ha diritto a votare ? Solo i residenti ed i loro discendenti al momento del ritiro spagnolo e prima della “marcia verde”, o profughi e residenti di oggi? Con il risultato che dal 1992 ad oggi, tra un rinvio ed una sospensione, il referendum è ancora in alto mare.
Nel frattempo, con il negoziato fermo, la realtà nei campi profughi in Algeria è sempre più dura, gli aiuti umanitari sono diminuiti del 40% (la Spagna ha ridotto la propria cooperazione del 70% negli ultimi anni), il Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite dichiara un deficit di 27 milioni di Euro su 40 milioni per assicurare il fabbisogno alimentare del 2014; secondo l’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite il deficit di assistenza umanitaria è stimato, complessivamente, al 66% del fabbisogno.
Le famiglie sono irrimediabilmente separate ed i giovani nati in esilio, nei campi, crescono con l’odio e con il carico di aspettative e di speranze disattese per il ritorno nel proprio deserto, in libertà e con l’indipendenza.
Un testamento che passa da generazione in generazione, sempre più pesante per chi lo riceve.
Ma, non sta meglio che vive nei territori occupati, discriminato e sotto una pressione psicologica e materiale continua, con un apparato poliziesco e militare presente ovunque per dissuadere o reprimere ogni forma di rivendicazione indipendentista.
E questo è senza dubbio il tallone d’Achille più evidente dell’azione del Regno del Marocco: i respingimenti in frontiera di stranieri (sindaci, parlamentari, avvocati, difensori dei diritti umani, cooperanti ) che vanno a visitare i territori occupati; inseguimenti e spionaggi grossolani lungo le vie di Layoune – capitale del Sahara Occidentale; l’uso dei tribunali militari per processare civili Saharawi che protestano; l’uso della tortura nelle carceri, la limitazione della libertà di circolazione e di espressione, il rifiuto del passaporto, le minacce ai difensori dei diritti umani: tutte azioni che uno stato democratico non può fare, perché tenuto a rispettare i diritti umani ed a proteggere tutti i suoi cittadini senza discriminazione alcuna.
Agire in palese violazione dei principi, delle libertà e del diritto pone lo stato in una situazione di illegalità che chiama in causa la comunità internazionale, a difesa delle vittime, a protezione di chi soffre l’assenza di giustizia, con l’obbligo di richiamare il rispetto del diritto e delle convenzioni internazionali.
E’ questa l’unica strada possibile che la comunità internazionale ha costruito, dopo i due grandi conflitti mondiali del secolo scorso, per evitare nuove guerre e nuove vittime.
I 39 anni trascorsi ed il ripetersi di questa conferenza hanno la loro solidità in questo fondamento perché “siamo dalla parte della giustizia,… perché i diritti di un popolo non sono prescrivibili, perché arriverà il giorno che ci sarà giustizia…” è stato ripetuto più volte negli interventi, con pacatezza e con fermezza, ricordando gli esempi di Gandhi e di Mandela, capaci di costruire giustizia con la pratica della nonviolenza e negoziando, trattando, facendo accordi con il nemico.
L’impegno continua, ed ognuno dei gruppi tematici ha prodotto il proprio piano di lavoro quale contributo al raggiungimento della giustizia e del rispetto del diritto.
I sindacati presenti, in rappresentanza di Spagna, Portogallo, Francia, Brasile hanno confermato il loro impegno, fissato nei seguenti otto punti:
1) trasmettere la risoluzione del 39° Eucoco ai vari gruppi del Parlamento Europeo chiedendo la sospensione dell’accordo di pesca e di altri accordi commerciali della UE con il Marocco che coinvolgano risorse dei territori occupati illegalmente, e chiedendo alla Unione Europea di impegnarsi per la soluzione del conflitto nel Sahara occidentale in conformità con le risoluzioni dell’ONU e con il diritto internazionale;
2) trasmettere la risoluzione del 39° Eucoco alla CES sollecitando una esplicita posizione a favore dei diritti dei lavoratori e del popolo Saharawi e contro gli accordi commerciali (agricoli, pesca, o altri) della UE con il Marocco che coinvolgano lo sfruttamento delle risorse naturali dei territori occupati;
3) denunciare pubblicamente aziende, come Kosmos Energy, Cairn Energy ed altre che, contro le risoluzioni dell’ONU, sfruttano o hanno in previsione nuovi sfruttamenti delle risorse naturali Saharawi. Trasmettere inoltre la presente risoluzione al Consiglio consultivo dei Sindacati (TUAC) presso la OCSE affinché siano rispettate le linee guida dell’OCSE per le imprese multinazionali;
4) incoraggiare l’invio di delegazioni sindacali nei territori occupati e sostenere la decisione della Confederazione Internazionale dei Sindacati (CSI-ITUC), assunta nei precedenti anni e ribadita nel suo 3 ° Congresso, tenutosi a Berlino nel maggio 2014, di organizzare una missione nel Sahara Occidentale, sia nei campi rifugiati che nei territori occupati;
5) organizzare e partecipare alla 7 ° Conferenza Sindacale di solidarietà con i lavoratori Saharawi, programmata per il 2015, come concordato alla 6° Conferenza tenuta nell’ambito del 7° Congresso dell’UGTSARIO nell’ottobre 2012;
6) promuovere la partecipazione dell’UGTSARIO nelle conferenze, meeting e congressi sindacali nazionali e internazionali, una maggiore consapevolezza e coinvolgimento del Confederazione Europea dei Sindacati (CES), Confederazione Internazionale dei Sindacati (ITUC), Federazione Sindacale Mondiale (WFTU ) e l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) in difesa delle rivendicazioni relative al Sahara Occidental;.
7) promuovere la visibilità della causa Saharawi nelle nostre organizzazioni, tra i nostri affiliati, ed all’interno delle nostre società, contribuendo alla diffusione di risoluzioni, dichiarazioni, documenti, relativi alla causa del Sahara Occidentale. Inoltre, utilizzare le opportunità offerte da incontri e fora internazionali per promuovere la difesa dei diritti umani e la causa Saharawi;
8) continuare nell’azione rivendicativa dei diritti da parte dei lavoratori e delle lavoratrici delle imprese spagnole durante il periodo coloniale per il rispetto della Legge dello Stato spagnolo n° 27 del 1° agosto 2011, che nel suo 42° dispositivo aggiuntivo, obbliga il governo spagnolo a risolvere questo problema definendo gli importi e le scadenze di liquidazione a favore dei lavoratori e delle lavoratrici destinatarie di tale indennizzo.
La Dichiarazione è stata sottoscritta dai sindacati: UGTSARIO, Sahara Occidentale; CCOO, CONFEDERACIÓN INTERSINDICAL, UGT, USO., Spagna; CIG, Galizia; COSCAPS, Canarie; CGT. Francia; CGIL, Italia; CGTP-Intersindical, Portogallo; FORÇA SINDICAL, Brasile.