L’ILO, l’agenzia delle Nazioni Unite, nella sua relazione per la sicurezza sociale nel mondo 2014/15 (le cui raccomandazioni sono basate sugli accordi tra governi, imprenditori e organizzazioni dei lavoratori), ha certificato che “la povertà e l’esclusione sociale oggi colpisce 123 milioni di persone nell’ Unione europea, il 24 per cento della popolazione, molti dei quali bambini, donne, anziani e persone con disabilità.
L’aumento dei costi è stato scaricato sulle persone, con meno posti di lavoro e redditi al ribasso da cinque anni.
I livelli di reddito delle famiglie stanno portando a consumi interni sempre in calo e minore domanda che rallenta ogni ipotesi di crescita.
I risultati del modello sociale europeo, che ha ridotto drasticamente la povertà nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale, sono state erosi dagli interventi succedutisi in questi anni.
Commentando la relazione, Bernadette Ségol, segretaria generale della Confederazione Europea dei Sindacati (CES), ha dichiarato: “L’agenzia delle Nazioni Unite sta mostrando che il costo della crisi in Europa è stato fatto pagere alla gente comune. Gli errori dei banchieri e del settore finanziario sono stati fatti pagare alle persone comuni, donne e bambini, ma anche i Commissari uscenti della Ue esprimevano soddisfazione per le politiche economiche segute.d ”
“Non si puo’ parlare di fine della crisi fino a quando in Europa 26 milioni di disoccupati non saranno tornati ad avere un lavoro. L’austerità non funziona, e l’OIL ha fornito la prova. C’è bisogno di investimenti per la crescita e occorre creare posti di lavoro. Non bastano le espressioni di preoccupazione, ma occorrono reali cambiamenti nelle scelte politiche.
Questa è la sfida per la nuova Commissione e per il nuovo Parlamento europeo. Non è il momento di ritardare la nomina di un nuovo Presidente della Commissione europea, è anzi urgente mettersi all’opera per riparare i danni enormi causati dalle politiche di austerità”.